ARTE E MUSICA




POP FOUR  - Live music band



Pop Four è una cover band che nasce nell’Agosto del 2011 da un’idea di Patrick Di Toro (voce e chitarra) e Luca De Laurentiis (chitarra e voce), già in collaborazione dal 2006 in diverse formazioni reggae e pop-rock.

Coinvolgono nell’impresa Walter Robuffo (bassista di Drupi e Giò Di Tonno) ed Aldo Leandro (batterista di Orietta Berti, Lighea, Jimmy Fontana, Linda).

Il vasto repertorio abbraccia diversi generi ed epoche musicali con il chiaro intento di assecondare i gusti di un’ampia platea e di essere adattabile a tutte le situazioni: ristoranti, piazze, pubs. Si passa dal blues americano degli anni ’20, ai classici italiani degli anni ‘60, al rock degli anni ’70, al funky degli ’80 fino al pop contemporaneo. Una band che non si limita ad eseguire i brani fedelmente agli originali ma propone degli arrangiamenti nuovi ed accattivanti. Ne risulta una miscela multi genere che viene dosata con sapienza a seconda delle circostanze (poiché ogni serata è una storia a sé!).


LUCA DE LAURENTIIS nasce in Atessa (CH) nel 1978.

A 13 anni inizia a studiare chitarra prendendo lezioni private da Gianni Centi, Lorenzo Marfisi e Gianni De Chellis e partecipando a diverse clinics di musicisti quali: Andrea Braido, Massimo Moriconi, Tony Scott,Giacomo Castellano, Andy Timmons.

Nel 1994 fonda i Crazy Blues, formazione rock-blues, di cui fa parte il batterista Carlo Porfilio (Marco Ferradini, O.R.O., Kelly Joyce), sostituito nel ‘98 da Nicola Angelucci (Mario Biondi, Fabrizio Bosso, Mike Stern), vincendo il concorso per bands emergenti “Lanciano in rock” nel 1995. Nel 2006, dopo un periodo di sosta, riprende l’attività live con la Roots Family, reggae band nata a Roma e trapiantata in Abruzzo, collaborando, tra gli altri, con Ras Hobo e Ras Tewelde. Nella primavera del 2010 entra nei Babalù, gruppo elettro-etno potentino. Nel 2011 partecipa al prestigioso festival della musica popolare e d’autore “Musicultura” arrivando allafinalissima (presentata da Fabrizio Frizzi, Gianmaurizio Foderaro e Carlotta Tedeschi) e vincendo il premioper il miglior testo con “Mio fratello è pakistano”. Il 31 Ottobre 2011 è uscito l’album di esordio dei Babalù,“Battito stabile”, edito da Officina di Nello Giudice (bassista di Mango), con mastering di Greg Calbi.


WALTER ROBUFFO nasce a Chieti e risiede a Bucchianico.

Frequenta all’età di 15 anni l’Accademia Musicale Pescarese. In seguito studia contrabbasso e basso
elettrico con il M° Francesco De Liberato.
Dal 2007 tiene lezioni di basso elettrico nei corsi di formazione musicali “Yamaha”
(a Pescara e Guardiagrele)

                                                   

Esperienze da turnista:

2010-2011 Drupi live a Praga con Drupi – Paolo Belli e Ron. 2008-2009 Vianello in tour 2007 “Giò Di Tonno” in tour (Gobbo di Notre Dame).2004-2006 Concerti itineranti di jazz “Swinging Mozart” (per il 250ario della morte) sotto la direzione del M° Antonio De Angelis. 2007 “Giò Di Tonno” in tour (Gobbo di Notre Dame).2001-2005 “Drupi in tour” (suona il basso elettrico per il suo album ”Buone notizie” e in trasmissioni a Video Italia). 1996 “Bussi jazz” con “Miles dire Miles”.



PATRICK DI TORO nasce a Lanciano (CH) nel 1981.

A soli 5 anni inizia a prendere lezioni di pianoforte e si esibisce come cantante nell’orchestra spettacolo del suo maestro, Casimiro Tilli. Nel 1986 partecipa anche alle selezioni per lo Zecchino D’Oro.
Negli anni successivi prenderà lezioni di chitarra e batteria e continuerà a lavorare in orchestre spettacolo collaborando, tra gli altri, con Gianni De Chellis (Drupi, Matt Bissonette, Hiram Bullock), Giuliano De Leonardis (Drupi, Michele Zarrillo), Maria Ester Flacco (Drupi) e Cristina Ranieri (figlia di Massimo Ranieri).
Nel 2006 entra nella Roots Family, formazione reggae nata a Roma e trapiantata in Abruzzo, collaborando,tra gli altri, con Ras Hobo e Ras Tewelde.
Dal 2007 al 2009 lavora anche come fonico di palco per Giò Di Tonno, Simona Molinari e Jacopo Troiani.










Un" Pescara ‘s got talent " che vuole mettere sotto i riflettori giovani musicisti abruzzesi rigorosamente  under 25. Al Kabala (PE) i giovanti talenti presenti: Emanuele Zazzara (basso); Manuel Trabucco (sax); Cristian Caprarese (piano), Luca Di Battista (batteria); Fabio D’Onofrio (piano); Simone D’Alessandro (batteria), Francesco D’Alessandro (basso), Fabio Celenza (chitarra), Andrea Di Barius (basso), Miryam Conte (voce) che  hanno incantato il pubblico con una grande performance.



MANUEL TRABUCCO  sassofono alto

Nato nel 86, all’età di 14 anni si iscrive all’Accademia Musicale Pescarese dove studia sassofono con Gianluca Esposito, armonia e musica d’insieme con Maurizio Rolli e solfeggio con Diana Torto. . Frequenta il triennio jazz al conservatorio G. Frascobaldi di Ferrara dove studia con Rosario Giuliani, Roberto Spadoni, Roberto Manuzzi, Luca Bragalini e Teo Ciavarella laureandosi con il massimo dei voti.

Nel 2005 partecipa ai seminari di Umbria Jazz dove vince una borsa di studio per il Berklee College of Music di Boston e viene scelto a far parte dell’Umbria Jazz Award Group con cui suonerà all’Umbria jazz winter.
Nel 2006 collabora con il chitarrista Andrea Braido per alcuni concerti e la presentazione del suo disco “Sensazioni nel Tempo” al Disma Music Show 2006.
E ‘docente di sassofono presso la scuola Sonica di Manoppello, il Metronomo di Roseto e Musicopia di Pescara.
Nel 2009 registra per la Cat Sound con i MOF 5tet, quintetto di jazz elettronico, il disco “Embarrassing Days.
DISCOGRAFIA : 2007 – Bambimbi viaggi nel mondo – Leo Quartieri Big Band)
2008 – Abruzzo Mediterraneo – M.Edit Ensemble feat Javier Girotto – Wide Sound
2009 – Embarrassing Days – M.O.F 5tet – Cat Sound
2009 - Real Illusion - Nicola Trivarelli Project





MARCELLO SCARANO

 Il 2011 ha segnato  i 110 anni dalla nascita di Marcello Scarano (Siena 1901- Campobasso 1962), il più importante pittore molisano del Novecento.

I genitori di Marcello Scarano erano nativi di Trivento, trasferiti a Siena dove il padre Nicola, professore di letteratura, aveva ottenuto l’insegnamento. Nelle sue tele Scarano ha dipinto spesso le campagne e i paesaggi dei nostri territori e senza dubbio possiamo affermare che è stato un pittore con la Valle del Trigno nel cuore.
Di lui Giuseppe Jovine [2], grande poeta e scrittore nativo di Castelmauro, racconta che ”lavorava solitario, quando non montava il cavalletto nelle radure dei boschi di Trivento o di Castelmauro o in altre località campestri o marine della Frentania e della Pentria“.

Scrisse Jovine che “lo si incontrava sempre solo, con la sua trasandatezza aristocratica di un estroso, sfuggente bohemien sempre pronto alla battuta salace e divertevole, che gli rischiarava gli occhi profondi e fuggitivi. Viveva apparentemente isolato dai centri direzionali della cultura nazionale, ma consapevole dei problemi dell’arte, ai quali sapeva dare un suo apporto critico originale e motivato“.

Dopo l’infanzia e l’adolescenza a Siena, nel 1918 torna a Campobasso dove frequenta i corsi di pittura di Nicola Biondi e comincia a partecipare a mostre.

Nel 1922 a Roma frequenta gli artisti e i luoghi di ritrovo degli intellettuali.
La prima mostra personale è del 1926, a Campobasso, seguita dalla seconda nell’anno successivo. Nell’ambiente artistico campobassano conosce e frequenta Amedeo Trivisonno.
Nel 1928 si trasferisce a Napoli dove tiene la terza mostra personale, frequenta l’ambiente artistico napoletano.
Nel 1930 partecipa alla mostra del Sindacato fascista di Belle Arti campano, poi alla stessa in Abruzzo, quindi espone a Firenze. Premi e riconoscimenti diventano sempre più frequenti, e frequenti sono anche le sue partecipazioni ad esposizioni in Italia (Roma, Cremona, Milano, poi ancora Napoli, Francavilla a Mare) e all’estero (Hannover).
Nel 1942 è invitato alla XIII Biennale di Venezia.

Produzione artistica. Un numero considerevole di opere della cospicua produzione dell’artista è rappresentato dai ritratti (e autoritratti) soprattutto familiari (la sorella Silvia in particolare), che coprono il primo ventennio di attività.

Un altro tema, profondamente caro all’artista, è il mondo contadino molisano, sia con i personaggi che con il paesaggio. Paesaggi molisani, Campobasso con il castello Monforte, Trivento con la valle del Trigno e i casolari, le Mainarde, Termoli e il mare sono temi ricorrenti in tutto l’arco della sua produzione.
Dal Piccolo pastore (1925) alla Vallata del Trigno (1923), dal Mietitore (1930) alla Trebbiatura (1935), dal Contadino (1935) alla Raccolta del Grano (1940) con cui ottiene a Cremona il premio speciale “Triennale di Milano” e che mostra all’esposizione di Hannover.

Altro filone a lui molto caro è il sacro, affrontato soprattutto nel decennio dal 1930 al 1940, con I Pellegrini, il Mese Mariano.













Alto vastese.it


Albero di Natale


L'arte, quale espressione del proprio stato d'animo,si manifesta nelle più straordinarie 'opere' che colpiscono l'osservatore in maniera differente. Il particolare,l'originalità,l'idea che si concretizza, un sentimento che prende forma, fanno di un 'manufatto' l'elemento unico che non può avere copie.
Come questo albero di Natale,opera dell'arch.Bonifacio di San Salvo che trae spunto dagli elementi che la terra offre con quel pizzico di modernità che non guasta ma che accorpa il vecchio e il nuovo,il passato col presente,la luce naturale e quella artificiale. Grazie Gabriele!



La "Tavola Osca"...un prezioso documento religioso

"Uno dei documenti più significativi della dimensione sacrale degli Osci nell'area dell'alto Molise, la più modesta e segreta regione d'Italia, venne scoperto in uno scavo occasionale del marzo 1848 da un contadino, presso la fonte del Romito a Capracotta . L'episodio ebbe altissimo valore archeologico e risonanza internazionale fino a scomodare Teodoro Mommsen che si recò ad Agnone, per accostarsi alla preziosa placca denominata "Tabula Anglonensis " eccezionale reliquia della civiltà osca della metà del III secolo a.C.. Dal V secolo prima di Cristo il Molise era abitato da popolazioni semplici e rudi di lingua osca, dediti all'intensa coltivazione della terra e alla pastorizia, animati da profonda religiosità verso misteriose presenze superiori e il reperto epigrafico contiene, come ebbe a scrivere Amedeo Maiuri: "l'inventario dei loro Dei come una litania sacra nella quale sembra di poter cogliere risonanze ancora vive nei nomi di luoghi, di boschi". Nella lunga registrazione di numi italici la preferenza spetta a Cerere veneratissima per il carattere, nell'ambiente ad economia in prevalenza agricola, spesso con l'attributo di "vendicatrice" e le si univa Giove il fulminatore. Dalla piastra risulta che ricevevano culto Ercole e altri geni più o meno connessi a Cerere, oltre a divinità floreali e fecondanti che popolavano l'Olimpo della stirpe osca. Con tutta probabilità, non lontano dal luogo di ritrovamento della lastra di bronzo sorgeva, nelle vicinanze del monte S. Nicola, un recinto riservato al culto "cererio " con una serie di aree dedicate a divinità della generazione, delle fonti, delle acque dinanzi alle quali sostava la raccolta di persone partecipi a un corteo durante il rito che voleva implorare, sotto l'ululare del vento e l'asprezza del gelo in un paesaggio aspro e selvaggio, propiziazioni sugli armenti e sui raccolti. Molti furono gli specialisti, Blucher, Moratti, Fabretti e tanti altri, che si dedicarono con serietà di ricerca a strappare il segreto del reperto che li ha costretti per difficoltà di interpretazione a pareri discordanti nell'unica concordia di riconoscerne tutti il prevalente carattere liturgico. Il cimelio, dal 1873 è conservato nel British Museum di Londra inciso nelle due facciate a bulino in nitido alfabeto nazionale con 25 righe sulla faccia A e 23 su quella B, privo di elementi ornamentali, dà l'idea di una regione corroborata, pur nella congenita povertà, da particolari condizioni di una civiltà contadina sobria e operosa, non retrograda, impregnata di sacralità. Il manufatto sta a indicare in questa zona la presenza di un artigiano indigeno, popolaresco e umile, che non aveva altra ambizione oltre quella dell'uomo stretto al culto avito." Una 'riesumazione' originale della Tavola Osca è stata data dalla genialità del pasticciere agnonese Germano Labbate,che ha fatto sì che gli eredi al trono del Regno Unito,il principe William e Kate Middleton,ricevessero una riproduzione in cioccolato e a grandezza naturale della stessa. Il premiato pasticcere agnonese, delegato per il Molise dalla Confederazione Pasticceri Italiani, lo ha inviato all'ambasciatore inglese Christopher Prentice perché fosse consegnata alla coppia reale nel giorno del matrimonio come dono di nozze, accompagnando l'originale dolce con un volumetto del prof. Remo de Ciocchis che ne descrive le caratteristiche tecniche, la storia ed i tanti significati.

“IL TRITTICO” Il capolavoro gotico di Beffi

Per ben cinquecento anni,una tempera su tavola a fondo oro risalente agli inizi del Quattrocento,ha ornato l’altare maggiore della chiesa-monastero benedettino di Santa Maria del Ponte che è una frazione del comune di Tione degli Abruzzi che dista quattro chilometri da Beffi. Tralasciando una contesa tra campanili tra i due paesi circa la paternità del” Trittico”,l’autore ,di cui non si conosce il nome, realizzò quest’opera raffigurante la Madonna. Tale opera è considerata un esempio di gotico internazionale che abbraccia un’area che va dalle isole britanniche ai Balcani, e la raffigurazione della Madonna è una “sintesi” tra la Chiesa d’Occidente e la Chiesa d’Oriente – è quanto sostiene Lucia Arbace,soprintendente dei Beni storico-artistici ed etnoantropologici dell’Abruzzo. Dopo il terremoto dell’aprile 2009, “Il Trittico di Beffi” è emigrato in America e precisamente al National Gallery of Art di Washington. Con la spedizione americana,che forse sarà riproposta in Svizzera e in Cile,il “Trittico di Beffi”,definito come ambasciatore dell’arte abruzzese negli Stati Uniti, è un capolavoro dell’arte italiana del tardogotico abruzzese. La sua esistenza ha solleticato anche la curiosità,all’estero,dei luoghi di provenienza. Beffi…un borgo fortificato a 650 mt di altitudine,immobile e silenzioso come la sua torre da sembrare un borgo fantasma dove è facile immaginare il cammino dell’artista misterioso come il Maestro di Beffi. E’ stato esposto anche a Roma al Palazzo Giustiniani. E’ ritornato in patria e attualmente è alll’Aquila ma non nella fortezza spagnola di Carlo V intaccata dal terremoto del 2009,bensì nel salone della Banca d’Italia dove si trova al sicuro ma svuotato di ogni magia. Va citato un’aforisma dell’abruzzese Ennio Flaiano – ‘in Italia niente è più definitivo del provvisorio’- proprio per scongiurare la provvisoria diaspora delle opere d’arte abruzzesi, tutt’oggi sparse altrove.

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