La scapece
Paste di casa
L'acqua, l'aria,
la sapienza della tradizione, le trafile in bronzo, semole di grano di prima
qualità: ecco i semplici segreti della pasta fresca abruzzese, punto di forza
della gastronomia regionale.
La pasta, lavorata
a mano, a base di semola di grano duro e farina di grano tenero, viene in
genere tagliata a mano con un arnese tipico, la chitarra o “carraturo”, che è
formato da un telaio di legno su cui sono tesi dei fili di acciaio: la sfoglia
vi viene poggiata e quindi rullata con forza col matterello, in modo che i
sottili fili paralleli d’acciaio la taglino in “spaghetti“ a sezione
rettangolare.
Gli
“ndurciullune”, tipici dell’area scernese, rappresentano la tipologia meno
sottile della pasta alla chitarra. Per essere gustati appieno, vanno conditi
con sugo a base di carne di castrato o di pecora, pomodoro a pezzetti, olio
extravergine di oliva e varie spezie aromatiche. Questo piatto nasce
dall’incontro della civiltà contadina con quella pastorale, che avveniva
durante la transumanza, in quanto riunisce le materie prime più utilizzate in
entrambe le culture. La sua origine è perciò sicuramente stata trasmessa
oralmente dai contadini anziani.
Le sagne a pèzze o
‘tacconelle’, sono preparate con un impasto di acqua, semola di grano duro e
farina di grano tenero va steso in una sfoglia dello spessore di 2 mm, che
viene poi tagliata a strisce oblique della larghezza di 4 cm circa, in modo da
ottenere tanti pezzettini a forma di rombo con rapidi colpi di coltello.
Le sagne vengono
esaltate da un condimento di estrema freschezza e semplicità, a base di sugo di
pomodoro fresco a pezzetti, basilico, aglio e olio extravergine d’oliva, che
preferibilmente deve restare abbastanza brodoso e insaporito con formaggio
pecorino grattugiato. Altri condimenti adatti sono i legumi, generalmente
fagioli, ceci o fave fresche con guanciale o con uno squisito sugo di
ventricina. Molto pittoresca l’usanza di Castiglione Messer Marino, dove
“le sagne a lu cuttor”, condite con salsicce di carne e di fegato,
pancetta di maiale e peperoncino, vengono consumate con le nude mani
direttamente dal paiolo di rame.
Pandolce
Aragonese
Si
narra che Maria D’Aragona, moglie di Alfonso D’Avalos Marchese del Vasto,
amasse avere sulla sua tavola, per se e per i suoi ospiti, questo buonissimo
dolce, un prelibato zuccotto Vastese di finissimo cacao, mandorle naturali,
glassa di zucchero, miele, acqua, farina e uova, liquore, cannella e limone.
Ne
rimasero estasiati tutti, il Red Ferdinando di Napoli, il celebre pittore
Tiziano e tutta la corte milanese. Per questo motivo oggi la famiglia Del Fra
(“Le furnarille”, antico forno di Vasto) ha deciso di riprendere questa ricetta
e continuare a produrre il Pandolce nel rispetto della tradizione e della
genuinità degli ingredienti usati.
Caprino
di Montefalcone del Sannio
Il formaggio di capra è prodotto un po’ in
tutta la regione Molise dove sono presenti allevamenti prevalentemente bradi,
ma in particolare a Montefalcone del Sannio è molto rinomato il formaggio
ottenuto dalla razza autoctona: la Capra di Montefalcone. Al latte appena
scaldato a 38 gradi centigradi viene aggiunto il caglio, quando la cagliata
raggiunge una buona consistenza viene rotta in grani fini e lasciata precipitare
sul fondo portando contemporaneamente la temperatura a 42 gradi centigradi.
Quando la massa si è concentrata viene prelevata dalla caldaia e pressata nelle
fuscelle di giunco, queste vengono poi calate interamente nel siero bollente
della lavorazione della ricotta. Le forme così ottenute vengono salate a secco
per 24 ore. La produzione si protrae da aprile a settembre, la maturazione
avviene in tradizionali cascere appese sotto al soffitto per un periodo non
inferiore a due mesi in cantine fresche e ben areate. Ne derivano delle forme
dal peso di circa 500/600 gr. Con una crosta lievemente rugosa di colore giallo
paglia. La pasta, invece, risulta tenera, umida e di colore bianco gesso.
PECORA ALLA CALLARA
La "callara" o "cottora" è il tradizionale paiolo di rame ancora in uso dove i pastori cucinavano la pecora lungo il tragitto transumante che li portava in autunno verso i pascoli della Puglia. Ci finivano dentro solo le carni di bestie malate o azzoppate, aromatizzate con le erbe selvatiche. Bollitura preventiva e lunghissima cottura: 9 ore in tutto. Oggi la qualità delle carni è eccellente ed è possibile trovare questo piatto in trattorie ed agriturismi abruzzesi e molisani. A Capracotta, in provincia di Isernia, è famosa la sagra della 'pezzata' che si tiene ogni anno la prima domenica di Agosto.
IL TARTUFO
Il
suo impiego, il suo profumo e la crescita insolita diedero origine a numerose
leggende sulla sua nascita e sui suoi effetti. Plutarco ipotizzò che esso fosse
il risultato della combinazione di calore, fulmini ed acqua. Tale ipotesi fu
sostenuta anche da Giovenale che attribuiva la sua origine alla leggenda
secondo cui Giove scagliò un fulmine presso le radici di una quercia dando
origine ai tartufi. Plinio lo definì il “callo della terra”. Pitagora e Galeno
ne sostennero le proprietà afrodisiache, dedicandolo ad Afrodite (Venere), dea
dell’amore. Sarà solo una leggenda? Pare proprio di no, infatti gli ultimi
studi scientifici rivelano che al suo interno esso contiene una discreta
quantità di feromoni, sostanza affine al testosterone. Una prova? Negli USA il
premio Nobel per la letteratura nel 1976, Saul Bellow, ha provato la gioia di
diventare padre all’incredibile età di 84 anni. Bellow ha svelato come : “una
bella scorpacciata di tartufi che profumano di sesso”. Vi è mai capitato di
assaggiare il tartufo e di non saperne definire esattamente il sapore? Perché?
Esiste un quinto gusto, l’umami, scoperto nel 1908 in Giappone
dal chimico Ikeda e che nel 1985 è stato riconosciuto come gusto autonomo,
incarnato a pieno dal tartufo e dai funghi. Essi rappresentano la pura essenza
dell’umami: gusto intenso, profumo avvolgente, sapore quasi magico.
LA LEGGENDA DEL VISCHIO
C'era
una volta, in un paese tra i monti, un vecchio mercante. L'uomo viveva solo, non
si era mai sposato e non aveva piu' nessun amico. Per tutta la vita era stato
avido e avaro, aveva sempre anteposto il guadagno all'amicizia e ai rapporti
umani. L'andamento dei suoi affari era l'unica cosa che gli importava. Di notte
dormiva pochissimo, spesso si alzava e andava a contare il denaro che teneva in
casa, nascosto in una cassapanca.
Per avere sempre piu' soldi, a volte si comportava in modo disonesto e approfittava della ingenuita' di alcune persone. Ma tanto a lui non importava, perche' non andava mai oltre le apparenze.
Non voleva conoscere quelli con i quali faceva affari. Non gli interessavano le loro storie e i loro problemi. E per questo motivo nessuno gli voleva bene.
Una notte di dicembre, ormai vicino a Natale, il vecchio mercante non riusciva a dormire e dopo aver fatto i conti dei guadagni, decise di uscire a fare una passeggiata.
Comincio' a sentire delle voci e delle risate, urla gioiose di bambini e canti.
Penso' che di notte era strano sentire tanto chiasso in paese. Si incuriosi' perche' non aveva ancora incontrato nessuno, nonostante voci e rumori sembrassero molto vicini.
A un certo punto comincio' a sentire qualcuno che pronunciava il suo nome, chiedeva aiuto e lo chiamava fratello. L'uomo non aveva fratelli o sorelle e si stupi'.
Per tutta la notte, ascolto' le voci che raccontavano storie tristi e allegre, vicende familiari e d'amore. Venne a sapere che alcuni vicini erano molto poveri e che sfamavano a fatica i figli; che altre persone soffrivano la solitudine oppure che non avevano mai dimenticato un amore di gioventu'.
Pentito per non aver mai capito che cosa si nascondeva dietro alle persone che vedeva tutti i giorni, l'uomo comincio' a piangere.
Pianse cosi' tanto che le sue lacrime si sparsero sul cespuglio al quale si era appoggiato.
E le lacrime non sparirono al mattino, ma continuarono a splendere come perle. Era nato il vischio.
Per avere sempre piu' soldi, a volte si comportava in modo disonesto e approfittava della ingenuita' di alcune persone. Ma tanto a lui non importava, perche' non andava mai oltre le apparenze.
Non voleva conoscere quelli con i quali faceva affari. Non gli interessavano le loro storie e i loro problemi. E per questo motivo nessuno gli voleva bene.
Una notte di dicembre, ormai vicino a Natale, il vecchio mercante non riusciva a dormire e dopo aver fatto i conti dei guadagni, decise di uscire a fare una passeggiata.
Comincio' a sentire delle voci e delle risate, urla gioiose di bambini e canti.
Penso' che di notte era strano sentire tanto chiasso in paese. Si incuriosi' perche' non aveva ancora incontrato nessuno, nonostante voci e rumori sembrassero molto vicini.
A un certo punto comincio' a sentire qualcuno che pronunciava il suo nome, chiedeva aiuto e lo chiamava fratello. L'uomo non aveva fratelli o sorelle e si stupi'.
Per tutta la notte, ascolto' le voci che raccontavano storie tristi e allegre, vicende familiari e d'amore. Venne a sapere che alcuni vicini erano molto poveri e che sfamavano a fatica i figli; che altre persone soffrivano la solitudine oppure che non avevano mai dimenticato un amore di gioventu'.
Pentito per non aver mai capito che cosa si nascondeva dietro alle persone che vedeva tutti i giorni, l'uomo comincio' a piangere.
Pianse cosi' tanto che le sue lacrime si sparsero sul cespuglio al quale si era appoggiato.
E le lacrime non sparirono al mattino, ma continuarono a splendere come perle. Era nato il vischio.
Si racconta che , a Città del Messico, viveva una povera
bambina indiana di nome Ines.
La sera della vigilia di Natale voleva portare un fiore a Gesù Bambino ma non aveva i soldi per acquistarlo. Girò per strada senza sapere cosa fare, poi decise di raccogliere dei rametti da un cespuglio visto per caso tra i ruderi di una chiesa.
Dopo averli raccolti pensò di abbellire il mazzetto con l'unica cosa bella che possedeva: un fiocco rosso per capelli. Arrivò alla chiesa che ormai era buio e Ines pensò di non trovarci nessuno. Una volta davanti a Gesù Bambino, depose il suo mazzolino. Subito dopo averlo messo vicino alla statua, sentì dietro di sé delle voci: erano delle persone stupite ed incuriosite dal bellissimo fiore di Ines; così le chiesero dove avesse trovato un fiore così splendido.
Ines si voltò verso il suo mazzolino e, incredula, vide che le foglie verdi del cespuglio si erano colorate di rosso e le bacche color oro al centro avevano preso la forma di un cuore.
Ines tornò a casa felice pensando che a Gesù fosse piaciuto il suo dono perché lo aveva trasformato nel fiore più bello del Messico: la Stella di Natale.
La sera della vigilia di Natale voleva portare un fiore a Gesù Bambino ma non aveva i soldi per acquistarlo. Girò per strada senza sapere cosa fare, poi decise di raccogliere dei rametti da un cespuglio visto per caso tra i ruderi di una chiesa.
Dopo averli raccolti pensò di abbellire il mazzetto con l'unica cosa bella che possedeva: un fiocco rosso per capelli. Arrivò alla chiesa che ormai era buio e Ines pensò di non trovarci nessuno. Una volta davanti a Gesù Bambino, depose il suo mazzolino. Subito dopo averlo messo vicino alla statua, sentì dietro di sé delle voci: erano delle persone stupite ed incuriosite dal bellissimo fiore di Ines; così le chiesero dove avesse trovato un fiore così splendido.
Ines si voltò verso il suo mazzolino e, incredula, vide che le foglie verdi del cespuglio si erano colorate di rosso e le bacche color oro al centro avevano preso la forma di un cuore.
Ines tornò a casa felice pensando che a Gesù fosse piaciuto il suo dono perché lo aveva trasformato nel fiore più bello del Messico: la Stella di Natale.
LA
NOCE
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